10/05/13 - SCOTTISH SIX DAYS TRIAL - Italian riders at the Scottish.
What about the Italians at the Scottish? Few, very few this year: only two. The economic crisis is the main reason. But it is a culture, too. A competition as the Scottish requires a great spirit of sacrifice and a lot of devotion to Trial. The one-loop formula, above all if the loop is long and tough is not appreciated by the Italian average trial rider. The Marathon-formula attempt, so kind at the mourning Giulio Mauri, has miserably failed. Events that in the nearby France can gather almost 250 entries, in Italy did not overtake a hundred.
In the Scottish you ride for yourself, to win the challenge on your ability to face unpredictable situations, to ride on always different tracks , to enter hazards just one time, to manage your time watching the bibs of the riders around you, to be careful with your bike, because if it breaks down and you can not fix it, you'd better start to walk in searching of a village, before the dark catches you.
And what about the weather? You start in the rain, then the sun comes and you are completely sweat. As you take off some clothes, it starts raining again, pephaps with hail!
But who tried, often wants to come back. Using the experience acquired, the previous mistakes could be avoided. . It does not matter if the non stop rule is applying. On this terrain and on this kind of sections, everybody can bear it.
So we have to wait hoping between the new generation, the old tradition to compete in the Scottish at least once in life could be spread and well accepted.
In the current edition, two are the heroes in the haunt. Michele Bosi (his seventh time) and at his debut, Massimo Perassolo.
But a little Italy can be found in the club to whom belongs Spanish Gonzalo Diez, the Alpi Ovest from Torre Pellice. Or still in the British riders running for the Italian Top Trial Team: Jack Challoner, Bradly Cox and Becky Cook.
photos kindly sent by Andy
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Gli italiani alla Scottish Gli italiani alla Scottish? Pochi, pochissimi quest'anno. Due soli. La crisi economica fa la sua parte. Ma si tratta anche di cultura. Gare come la Scottish richiedono un enorme spirito di sacrificio e di devozione al Trial. La formula giro unico lungo e faticoso non prende l'Italia trialista. L'esperimento Marathon tanto caro al compianto Giulio Mauri è miseramente fallito. Gare che nella vicina Francia possono contare su 250 partecipanti, da noi non arrivavano al centinaio.
Qui correre per se stessi, per vincere una sfida innanzitutto con la propria capacità ad adattarsi a situazioni imprevedibili, a trasferimenti sempre nuovi , a zone che non si dovranno ripetere più, a tempi di percorrenza da amministrare guardandosi intorno i numeri dei pettorali dei piloti che stanno correndo con te, ad un mezzo che meglio non strapazzare perchè se ti molla e non sei in grado di trovare il guasto, sarà meglio che t'incammini a piedi nella speranza di raggiungere un villaggio prima che faccia buio. Che dire poi delle condizioni atmosferiche. Parti con la pioggia, poi ti esce il sole e sei già tutto sudato. Ti togli qualcosa e magari ti becchi pure la grandine.
Ma chi ci prova, quasi sempre vuole ritornare. Con l'esperienza fatta si potrebbero non ripetere gli stessi errori. Poco conta il regolamento non stop. Qui con la tipologia di zone direi che si può anche sopportare.
Rimaniamo dunque in attesa che anche tra le nostre nuove generazioni, venga divulgata la vecchia “cultura” di tentare almeno una volta , una sorta di passaggio obbligato per chi vuole abbracciare una carriera trialistica professionistica o dilettantistica che sia.
In questa edizione i nostri due eroi sono Michele Bosi (settima volta), per il quale sta diventando un appuntamento fisso negli ultimi anni ed il debuttante Massimo Perassolo.
Un po' d'Italia si respira anche per l'appartenenza al moto club Alpi Ovest di Torre Pellice (TO) dello spagnolo Gonzalo Diez o per gli inglesi che corrono per il team italiano Top Trial Team, Jack Challoner, Bradly Cox e Becky Cook.