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QUESTIONE DI ESPERIENZA

I piloti più anziani hanno un approccio migliore anche in allenamento

Più volte abbiamo spiegato come l'età media del Trial sia sempre più alta e la conferma arriva dai risultati sportivi: ovunque prevalgono piloti con esperienza. In questo sport la spregiudicatezza della gioventù che consente manovre sfrontate, incuranti dei pericoli, non porta ad alcun risultato se non suffragata da una buona dose di pratica sul campo. Per questo apriamo una parentesi innanzitutto su come, quando e dove si allenano i trialisti.

Il Trial non è uno sport stagionale. Si pratica d'estate come d'inverno. La gara è improntata sul comportamento del pilota nelle zone controllate - quei corridoi di terreno fettucciati, arricchiti di “porte” delimitate da bandierine che il concorrente deve percorrere stando con i piedi sulle pedane - e l'allenamento consisterà nel tracciare delle “zone” molto simili a quelle della gara.
Se a Sparta i soldati si preparavano sovraccaricando il proprio corpo con esercizi callistenici, il trialista, che dello spartano conserva diverse qualità, non è da meno. Si traccerà una zona molto più dura di quella che troverà in gara, seguendo la logica che se si è capaci a superare ostacoli più grandi, non ci dovrebbero essere problemi con quelli di più bassa levatura. Ma non è l'unica strategia d'allenamento. Non dimentichiamo che le zone della gara non si possono provare prima, ma solo ispezionare a piedi. A questo scopo può essere più produttivo non insistere su una zona, bensì diversificare e non provare più di un paio o tre volte la stessa, per allenare la mente a distinguere i diversi tipi di terreno, di pietra, radici o altro e capire subito quale aderenza offrono. Questo sempre nell'ottica di prepararsi alle competizioni. Già ma chi non compete?

Esiste un popolo di appassionati che scimmiotta i campioni nelle uscite settimanali e non è necessariamente dotato di licenza - o lo è stato in passato - ed ora ha optato per un pensionamento precoce. E' tipica l'uscita del sabato o della domenica, ma vuoi per il freddo, vuoi per la neve, rimangono pochi i posti per scaldarsi un po' fra amici. Più o meno autorizzati, all'italiana intendiamoci, ed ecco che bastano un rigagnolo con qualche sasso e sulle sponde due o tre castagni pieni di radici per far felici i trialisti.
E qui emerge nuovamente una diversità d’approccio fra vecchio e giovane. Il primo si ostina e si arrabbia a tentare fino allo zero o all’esaurimento delle forze, il secondo dopo un paio di tentativi andati male, ritiene la zona non idonea. E' una strategia o semplicemente parte di un “Trial 2.0”?

(da Motosprint n.8 - 21/27 febbraio 2017)

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