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LAIA SANZ, CHE NOSTALGIA!

La star della Dakar è nata con il Trial, quando l'Italia era leader tra le donne

La pluri campionessa spagnola Laia Sanz ha concluso la recente Dakar al dodicesimo posto su 85 moto al traguardo. Il primo degli italiani, Jacopo Cerutti, si è piazzato ventesimo. “Quella donna ha una marcia in più” è il più pubblicabile dei commenti che si sentono in giro. E dire che ha mosso i primi passi nel Trial, dove era stata trattata bene, coccolata, incoronata 13 volte campionessa del mondo. Che “ingrata”, lasciarci per l’Enduro e per il Motorally!

La conobbi nel 1997quando era una ragazzina di 12 anni, accompagnata dai genitori, con il padre dal nome molto impegnativo, ma abbastanza comune in Spagna: Jesus. Arrivò in Italia, unica rappresentante femminile spagnola a seguito di una mia pazza idea d’allora. Organizzare una competizione internazionale riservata alle donne. Con i mezzi di comunicazione del tempo, radunare ragazze di 7 Paesii , tra cui una statunitense, non fu semplice, ma ne valse la pena. Si scatenò interesse tale che fu ripetuta nei due anni successivi, sempre a Torre Pellice, in provincia di Torino. E con tante ragazze in più - dal Giappone, dall'Australia e dal Canada. Fu la scintilla che accese l’istituzione di un Mondiale femminile, assegnato in prova unica, alla vigilia del Trial Delle Nazioni ,nel 2000, a Seva in Spagna.
Ripensando a quei tempi ,in campo femminile, l’Italia era avanti anni luce rispetto alla Spagna o al Giappone. C'era un campionato italiano e si era costituito un team, il Trial Rosa, con donne di tutte le età, accomunate da un grande entusiasmo. Solo la Norvegia ci batteva per numero di trialiste. Ma oltre che numerose, le italiane erano anche brave. In Spagna invece ci tenevano a rimarcare quanto il Trial fosse uno sport macho, poco adatto al sesso debole. Anche in Giappone, nonostante un’eccezione, che però correva fra gli uomini, vi era uno sparuto gruppo di livello molto basso, che solo sognava un campionato Nazionale.

Se guardiamo ai giorni nostri, i conti non tornano. Ora un riconoscimento nazionale per le donne esiste più o meno in tutti i Paesi, ma il numero delle praticanti in Italia è drasticamente sceso. Visto che il nuovo Coordinatore in FMI ci ha assicurato di voler ascoltare tutti, ecco secondo noi una lacuna da colmare al più presto: reclutare nuove trialiste.
Nelle palestre, nelle scuole, tra le fidanzate e/o amiche dei trialisti . Ci vogliono di nuovo stage con istruttori (o istruttrici) qualificati, ma soprattutto appassionati, che ci mettano il cuore per non scoraggiare le nuove praticanti.  

(da Motosprint n.5 - 30 gennaio/05 febbraio 2018)

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