Video sui social e prove nelle scuole: così la specialità si farà conoscere
Un anno fa, i complimenti alla pluricampionessa di Trial, Enduro e Motorally Laia Sanz per la sua sensazionale prestazione alla Dakar (fu 12ª assoluta) fu lo spunto per raccontarvi un po’ di storia dell’approccio femminile al mondo del Trial. Ma più che rendere edotti coloro che ancora ignoravano la cronologia, sotto c’era una denuncia di quanto fosse peggiorata la situazione femminile in Italia.
Il Campionato italiano si tinge di rosa perché in ogni prova c’è una categoria dedicata alle donne e il livello delle big è sicuramente salito. Un bene poiché quando corrono a livello internazionale, le ragazze rappresentano con onore il nostro Paese – il 2018 ci ha portato la coppa mondiale Femminile con Alex Brancati – ma un male se scoraggiano eventuali nuove leve, non ancora pronte per certi ostacoli. D’altro canto non avrebbe senso creare una categoria femminile inferiore, poiché i numeri non lo giustificherebbero. Serve un passo indietro, forse due, per trovare una forma di reclutamento che vada oltre la timida opera di proselitismo dei fidanzati o mariti che già praticano il Trial e a cui non dispiacerebbe dividere questo piacere con l’anima gemella. In altre società dove le donne godono da molto più tempo di maggiore emancipazione, la scelta di praticare il Trial avviene spontaneamente, senza pressioni familiari di alcun genere. A fine anni ‘90 un eclatante esempio ce lo offrì la numerosa squadra norvegese, oggi invece è la Gran Bretagna a contare su un vivaio più florido.
Poichè questo avvenga, il Trial deve godere di maggiore popolarità: deve entrare nelle case. Senza la pretesa di vederlo sovente in TV, possiamo accontentarci per ora dei video sui social. Filmati che immortalano le gesta esagerate dei campioni, fanno rimanere letteralmente a bocca aperta, ma non bastano: non sono quelli che inducono a provare. Si devono far conoscere le mille sfaccettature del Trial. Per coinvolgere ragazze che frequentano le palestre, serve sfatare il mito secondo cui negli sport dei motori c’è poca attività fisica. Se parliamo a un pubblico già motociclista, scettico sui luoghi in cui praticare il Trial, l’argomento principe saranno le aree autorizzate esistenti e le mulatrial. L’ideale sarebbe “entrare” nelle scuole medie o superiori e proporre una prova alle persone più ardite nelle ore di Educazione Fisica. Ragazze e ragazzi. Non datemi del sognatore, né sto farneticando. Qualcosa di simile è stato fatto in passato...